venerdì 21 settembre 2012

A Giovanni - To Giovanni


Ti do del tu, Giovanni, solo ora che non ci sei più.
Una confidenza che non mi ero mai permesso.
Tu, mio nuovo padre... Io, tuo nuovo figlio.
Le nostre belle passeggiate per caffè,
chiacchierando nell'aroma dolce della tua pipa...

Hai avuto una storia tormentata,
fra i tuoi doveri di giudice giusto
e le rivoluzioni della famiglia.
Fra una battuta di acuto spirito
e l'intenso amore per l'arte e la cultura.

Apprezzavi la vita con un velo di pessimismo,
la malinconia del curioso insoddisfatto del presente.
E avevi quel modo tutto tuo di rispettare la gente,
con l'amicizia sempre davanti a tutto.

Hai rinunciato ad assecondare il tuo mondo che cambiava,
rifiutando le storture che tollerava.
Un esempio di integrità morale,
che rifugge il compromesso.

Poi la vita è stata severa con te,
e ti ha inflitto una pena crudele.
Una malattia che annichilisce
e per la quale non c'era cura.

La prima cosa persa fu la parola,
la tua dote più brillante,
poi si fermarono le braccia...
e poi le gambe.

Giacevi disteso sul tuo letto,
e con gli occhi urlavi la tua disperazione.
Ma con un filo di vita nei polmoni,
spostando un punto invisibile su un alfabeto,
eri tu che chiedevi a me: "Come stai?"

Poi venne la notte più buia,
e la tua anima si liberò di quel corpo esausto.
Io piansi tutto il mio dolore,
da nuovo figlio ero un nuovo orfano.

Non ce l'ho con la morte perché ti ha preso,
ce l'ho con il destino che ha voluto che avvenisse in quel modo.
Sul rimpianto per averti dovuto lasciare
prevale l'onore di averti potuto incontrare.

Ciao Giovanni.

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