venerdì 28 settembre 2012

Ho portato il culo a casa! - I brought my ass home!


Quando ero un ragazzo suonavo la fisarmonica in un gruppo folk.
Giravamo accalcati in un furgone imbottito di strumenti musicali facendo spesso anche parecchia strada.
Alla fine delle serate, dopo avere smontato tutto, il furgone ci riportava al punto di ritrovo.
E da lì ciascuno di noi tornava a casa con la propria auto.
Mi ritrovavo, giovanissimo, a guidare a notte fonda, distrutto dalla fatica, arrancando per tornare tutto intero.
E quando finalmente svoltavo sulla via di casa dicevo fra me e me: "Ho portato il culo a casa!".

Poi venne il giorno della partenza per il servizio militare.
Per non gettare un anno alle ortiche scelsi di fare uno sforzo in più e mi iscrissi al corso Allievi Ufficiali di Complemento: cinque mesi di corso a Roma (marce, esercitazioni, guardie al Quirinale, ...), e poi altri dieci mesi di servizio da Sottotenente a Bellinzago in provincia di Novara (prontezze operative, campi, simulazioni di guerra, ...).
Il giorno del mio congedo, a fine periodo, ero stanchissimo: ero appena smontato da un servizio di picchetto.
Ero in macchina e guidavo indossando ancora la divisa da combattimento.
E di nuovo svoltando sulla via di casa dissi fra me e me: "Ho portato il culo a casa!"

Mi misi a fare il rappresentate. Vendevo telefoni cellulari quando ancora erano prodotti di avanguardia.
Nelle case c'erano i telefoni grigi della Sip e io avevo un nuovissimo apparecchio trasportabile Panasonic che era grande come un dizionario.
Quando chiesi quale zona geografica avrei coperto mi risposero: l'Emilia Romagna!
E allora presi a spazzolare l'autostrada fra Piacenza e Cesena macinando centinaia di chilometri ogni giorno.
Tutte le sere il viaggio di ritorno era una lotta contro i colpi di sonno.
E svoltando, finalmente, sulla via di casa dicevo fra me e me: "Ho portato il culo a casa!"

Poi venne la leucemia. Dalla sera alla mattina mi ritrovai in ospedale in fin di vita.
Mi imbottirono di farmaci. Mi fecero la radio terapia e diverse chemio.
Subii il trapianto di midollo e i tremendi effetti dell'aplasia midollare.
Il giorno delle dimissioni pesavo 55 kg e faticavo a reggermi in piedi.
Mia moglie mi accompagnò con la macchina.
E ancora una volta, svoltando sulla via di casa dissi fra me e me: "Ho portato il culo a casa!"

mercoledì 26 settembre 2012

Il "dopo" - After


Al day hospital oncologico...

Arrivo più tardi del previsto: sono quasi le otto del mattino.
La sala d'attesa è piena... al banco ritiro il numero del mio turno: 104...
Tendo l'orecchio... "Il signore con il numero 12 è atteso in sala prelievi"... ecco, siamo solo al 12... sarà lunga...
Cerco una sedia... trovo posto in un angolo.

Accanto a me una signora anziana al telefono... "... ciao Luisa... sì sono qui dalle sette... eh, stanotte non ho dormito... mi fa male la schiena... sì ho preso l'Aulin...  perché? no, la dottoressa mi ha detto l'Aulin... come? La caviglia? Adesso la muovo bene... sì Luisa, non stare in pena, arriviamo... ecco Gino... ha fatto il prelievo, vado da lui, ciao..."

Poco oltre, un uomo discute con la moglie: "Ti dico di no! Non ci andiamo al mare da tua madre..." Lei: "Abbassa la voce! ... ma perché sei così testardo?" e lui: "E' un mese che te lo ripeto... non ci andiamo e basta... dove vai?"
La moglie, con uno scatto si alza, lo guarda e gli fa: "Vado a prendere da bere! Tu adesso ti calmi altrimenti me ne vado!" e si allontana puntando i tacchi con passi nervosi...

Due file di lato, una ragazza con la mascherina e un foulard a fiori per coprire la testa senza  capelli parla a bassa voce con sua madre: "Ieri la terapia, oggi il prelievo e l'aspirato... ormai passiamo più tempo qui in ospedale che a casa!"
Sua madre le risponde: "Sì, però sta andando tutto bene... vedrai che presto verremo meno spesso... Sistémati il foulard..." e con un movimento della mano le sposta il nodo di stoffa sulla nuca...

Arriva un signore decisamente sovrappeso: ha la barba e i capelli bianchi, disordinati e lunghi. Borbotta qualcosa ma non capisco... Indossa vestiti trasandati e scarpe da ginnastica slacciate. Gira cautamente su se stesso con piccoli passi... Dietro di lui scorgo un'altra persona. Ha l'aria di una ragazza ma è in età pure lei: capelli lunghi e grigi fino alle spalle, un gilet viola con una spilla a fiore, pantaloni bianchi sporchi e degli stivali di pelle consumati.
Lei lo accudisce amorevolmente con gesti dolci e sussurrandogli parole incomprensibili all'orecchio. Si siedono vicini e lui prende a giocare con il biglietto su cui è scritto il numero del turno...

Dalla porta della sala prelievi esce un signore sui settant'anni. Ha un passo elastico e veloce. Con una mano preme il tampone di cotone nell'incavo del braccio sinistro. Ha un'espressione fiera e mostra due file di denti allineati e bianchi...

In piedi, appoggiato a una colonna di cemento, c'è un uomo distinto dall'aspetto curato. Indossa un abito scuro con con una cravatta blu e belle scarpe di cuoio. Armeggia con il telefono cellulare leggendo con le labbra le lettere del messaggio che sta componendo...

Sullo sfondo due dottoresse attraversano l'ingresso chiacchierando allegramente. Hanno in mano il bicchiere di plastica con il caffè fumante della macchinetta. Le loro falcate sono lunghe e veloci e i camici bianchi svolazzano come mantelli... Una risata e spariscono inghiottite dalla porta del reparto...

Intanto l'altoparlante annuncia: "Il numero settantaquattro in stanza due"... un signore che parlava si interrompe e aggrotta la fronte: "Cos'ha detto?" ... parte la ridda delle ipotesi fra i presenti: "Ha detto sessantaquattro...", "No... era settantadue in stanza quattro"... poi uno alza la voce: "Ottantanove in stanza H!"
Io sorrido... Dopo qualche istante una infermiera apre la porta del reparto: "Settantaquattro, sette quattro in stanza due... dov'è il settantaquattro?"
Un signore molto anziano si alza con movimenti lenti e misurati. Richiude il giornale e raccoglie il cappello... il bastone scivola a terra facendo un gran fracasso, lui si abbassa al rallentatore e lo afferra... Poi con passo asimmetrico si avvia seguendo l'infermiera...

Un ragazzo con una maglietta stampata e i jeans a vita bassa ritira il proprio numero al banco d'ingresso e si guarda intorno per cercare un posto libero. Porta occhiali da sole e un cappellino rosso con visiera, scarpe sportive basse con lacci colorati e, stretto in mano, un telefonino che vibra insistentemente... finalmente risponde... "... oh Giò... c'è un casino di gente... eh... vai dalla Lu? ... ok dalla Lu... Giò, chiama Fede... ok... ciao... ciao..." ... individua una sedia e ci crolla letteralmente sopra stendendo una gamba di lato e ripiegando l'altra sotto la seduta. La guancia appoggiata su una mano e il telefonino nell'altra: il pollice già guizza sui tasti...

Il brusio di fondo si intensifica: adesso la sala d'attesa è davvero affollata. Quando l'altoparlante chiama un nuovo numero c'è una breve sospensione... poi le voci riprendono...

Guardo le facce della gente...  ci sono ragazzi, donne, uomini, anziani, stranieri... operai, impiegati, imprenditori, pensionati... Ciascuno di essi a un certo punto della vita ha incontrato un ostacolo e ha dovuto iniziare a combattere.
Alcuni hanno dovuto accettare nuove abitudini: medicine da prendere tutti i giorni, controlli periodici, fastidi fisici...
Altri devono prendere questi appuntamenti all'ospedale più seriamente... per sopravvivere...

Il pensiero ritorna ai miei giorni in reparto, quando anch'io lottavo per sopravvivere...
Magro, debole, senza capelli.... con tre infusioni contemporanee, un mal di schiena micidiale e le mucose devastate...
Mi chiedevo cosa sarebbe successo dopo... non riuscivo a immaginare come ci sarei arrivato al... "dopo".
Incapace di camminare, mangiare e parlare mi sembrava già tanto ogni sera poter aggiungere un altro giorno alla lenta conta quotidiana...

Il vocio si abbassa, ecco l'annuncio: "Il signore con il numero 104 è atteso in sala prelievi."... tocca a me.
Un momento... E' adesso! Improvvisamente realizzo che... mi trovo nel "dopo"!
Sono oltre le terapie, oltre il trapianto, oltre la lenta e penosa ultima risalita...
Ce l'ho fatta e sto bene, finalmente! Ora faccio solo i controlli...

Felice, alzo la manica della camicia e mi avvio verso la sala prelievi...

venerdì 21 settembre 2012

A Giovanni - To Giovanni


Ti do del tu, Giovanni, solo ora che non ci sei più.
Una confidenza che non mi ero mai permesso.
Tu, mio nuovo padre... Io, tuo nuovo figlio.
Le nostre belle passeggiate per caffè,
chiacchierando nell'aroma dolce della tua pipa...

Hai avuto una storia tormentata,
fra i tuoi doveri di giudice giusto
e le rivoluzioni della famiglia.
Fra una battuta di acuto spirito
e l'intenso amore per l'arte e la cultura.

Apprezzavi la vita con un velo di pessimismo,
la malinconia del curioso insoddisfatto del presente.
E avevi quel modo tutto tuo di rispettare la gente,
con l'amicizia sempre davanti a tutto.

Hai rinunciato ad assecondare il tuo mondo che cambiava,
rifiutando le storture che tollerava.
Un esempio di integrità morale,
che rifugge il compromesso.

Poi la vita è stata severa con te,
e ti ha inflitto una pena crudele.
Una malattia che annichilisce
e per la quale non c'era cura.

La prima cosa persa fu la parola,
la tua dote più brillante,
poi si fermarono le braccia...
e poi le gambe.

Giacevi disteso sul tuo letto,
e con gli occhi urlavi la tua disperazione.
Ma con un filo di vita nei polmoni,
spostando un punto invisibile su un alfabeto,
eri tu che chiedevi a me: "Come stai?"

Poi venne la notte più buia,
e la tua anima si liberò di quel corpo esausto.
Io piansi tutto il mio dolore,
da nuovo figlio ero un nuovo orfano.

Non ce l'ho con la morte perché ti ha preso,
ce l'ho con il destino che ha voluto che avvenisse in quel modo.
Sul rimpianto per averti dovuto lasciare
prevale l'onore di averti potuto incontrare.

Ciao Giovanni.

venerdì 14 settembre 2012

Luce - Light


Sei il primo segno di vita
  Sei il chiarore del mattino
    Sei la speranza nella fede
      Sei il sentiero dei giusti
        Sei la scintilla dell'amore
          Sei il nuovo pensiero
            Sei il lume della ragione
              Sei il sole che scalda
              Sei l'arcobaleno che consola
            Sei il tramonto che resiste
          Sei la prima stella
        Sei il faro sullo scoglio
      Sei la luna bianca
    Sei la lampada accesa
  Sei il cero di una vita spesa
Sei la meta dopo la morte

La luce è vita
La vita è luce
Ti cerco luce
Ovunque tu sia

mercoledì 12 settembre 2012

Fotografie - Photographs


Ho un po' di tempo libero... chiudo gli occhi e apro il cassetto dei ricordi...
Sfoglio le mie fotografie...


Qui sono sdraiato sul pavimento del bagno... ero appena svenuto...
Non avevo la minima idea di cosa avrei passato nei mesi successivi...

Ecco... in questa  c'è la faccia impallidita della dottoressa dopo avere letto i valori del primo esame del sangue...

Qui ci sono io sul letto e mia moglie, lì accanto. Mi aveva appena detto che avevo la leucemia e una grossa infezione ai polmoni... che botta!

Poi... vediamo... ah sì... qui è notte e sto respirando con la macchina per la ginnastica polmonare, un periodaccio...

E questa è mia moglie... dorme sulla poltrona accanto al mio letto. Io ho gli occhi aperti perché non riuscivo a dormire e allora la osservavo...

Ah, qui c'è Toni, l'infermiere amico, che apre la porta preoccupato perché dal corridoio mi sentiva ridere! Avevo trovato un programma alla TV che mi faceva sbellicare... ah ah ah...

Ce ne sono altre... ecco, questo è il Dott. Forghieri che spalanca la porta e tutto raggiante quasi grida: "Ho una ottima notizia per lei: il midollo di suo fratello è compatibile!"... eh eh eh... Forghieri... di solito sempre così compassato...

Ah... poi c'è questa... qui due infermiere, Betta e Anna Maria, mi stanno lavando... ero talmente debole da non potermi muovere...

Questo è Leonardo: il mitico Dott. Ferrara. Qui accosta la porta e fa capolino dalla soglia dicendo: "Ciao Alfie!! Ho saputo che fai progressi! Ti saluto da qui che sono pure raffreddato... Dai! Metticela tutta!!"...
Ci vediamo e sentiamo ancora oggi Leo e io...

Qui Ferruccio, un altro infermiere, nel cuore della notte entra, non chiamato, per vedere se è tutto ok. Aveva visto da fuori la luce accesa nella stanza filtrare sotto la porta... che bella persona!

Poi... ah sì... questa è la Dott.ssa Fantuzzi, una ragazza carina e con modi molto gentili. Qui stava facendomi un midollo... una aspirazione di sangue midollare dalla schiena... con gli altri dottori ho quasi sempre sofferto, con lei mai...

E qui c'è Carla, un'anima solare... mia moglie e lei si facevano lunghissime chiacchierate... Gli infermieri aiutano tutti: pazienti e famigliari...

Ah, e c'è anche Ilaria... la costanza fatta persona. Estenuanti turni interminabili a ripetizione e lei, sempre presente con quel sorriso disarmante...

Questo è mio fratello che mi viene a trovare... sono le 6 del mattino... lui per venire a trovarmi si alzava alle 5, faceva una doccia veloce e si precipitava da me... era inverno e spesso c'era la neve...

E questa invece è mia sorella... anche lei faceva orari incredibili per passare da me... le discussioni quando c'era la nebbia e lei voleva mettersi in strada con l'auto nuova...
Una volta mi portò una foto a grandezza naturale delle mie bimbe che mi mancavano tanto...

Poi c'è Maria: l'infermiera più precisa che ci sia! Lei conosce le procedure e le manovre più strane e difficili... e riprende i colleghi se fanno piccole sbavature... In questa immagine sta medicando il mio PICC, quel tubicino che entra nel mio braccio destro e raggiunge la succlavia nel collo... serve per le infusioni e per i prelievi...

Questa è Chiara, la psicologa. Abbiamo parlato molto io e lei (tanto non avevo altri impegni!)... Mi salutava sempre con una stretta di mano prima di andarsene: una piccola deroga al regolamento, ma anche un breve contatto umano molto importante per me...

Qui sono immobile sul letto e il Professor Narni mi sta parlando... ero paralizzato dal malessere e lui mi incitava a reagire. Procedere a piccoli passi, diceva... I miei passi erano molto piccoli in effetti...

Ah, qui ci siamo io, mia moglie e Giovanna, una delle infermiere più simpatiche... infatti stiamo tutti e tre ridendo... lei ti racconta sempre di sua figlia e trova una morale universale dietro qualsiasi cosa... Giovanna porta le bottiglie con la terapia ma ti fa sempre anche una bella iniezione di ottimismo...

Ecco, poi qui ci sono i miei genitori... mia madre seduta e mio padre sempre in piedi, con le mani strette sul tubo ai piedi del letto, quasi volesse provare a scuotermi...
Hanno sofferto molto vedendomi in quelle condizioni... cercavano di non darlo a vedere ma non gli riusciva...
E io cercavo di apparire meno sofferente... ma anche me non riusciva...

In questa io sono quello avvolto nelle coperte sulla barella a ruote... i ragazzi del trasporto mi stavano trascinando lungo i corridoi sotterranei... andavo a fare l'ennesima radiografia o TAC... c'era un freddo cane...

Oh... questa è bella... i medici in parata davanti al mio letto per la visita quotidiana. In prima fila la mia amica Dott.ssa Monica Morselli, occhi chiari e sorriso luminoso... la conoscevo da ragazzo e l'ho ritrovata qui; il Professor Luppi con quei capelli ribelli e la barba scura, un vero leader; il Dott. Forghieri, la Dott.ssa Fantuzzi... e qualche praticante...
Parlottavano a bassa voce fra di loro e poi uno prendeva la parola ed elencava valori, terapie, misure e contromisure... Non sempre capivo tutto, eh eh eh...

Ah qui è la mia prima uscita dopo mesi di ricovero... è il giorno della prima comunione delle mie bimbe... tutta la famiglia intorno al tavolo in parrocchia, dopo la cerimonia... avevo quella specie di lanuggine al posto dei capelli... ed ero anche molto magro e debole...

In questa sono nel reparto di chirurgia toracica: all'ultima TAC, prima dell'uscita per i giorni di Pasqua, c'erano delle ombre scure nei polmoni. Il Dott. Potenza, ottimo medico ma piuttosto pignolo, con la Dott.ssa Paolini, mi aveva anticipato che al rientro da quei pochi giorni a casa, avrei fatto una biopsia polmonare (anestesia totale, tre buchi nel costato, un polmone fermo, prelievo di un campione, riavvio del polmone, sutura..)! Ma poi, come in un film, all'ultimissimo minuto, prima di andare in sala operatoria, mi fecero, su insistenza dello stesso Potenza, una ultima TAC di verifica...
Insomma: allarme rientrato e pianto liberatorio... qui sono al telefono con mio fratello... all'altro capo lui piangeva nel suo negozio...

Questo qui, invece, è Gino. Mi hanno messo in stanza con lui. Era un paziente sessantenne di oncologia in prestito in ematologia. Aveva qualche problema di memoria e ripeteva sempre le cose... Si lamentava molto Gino, poveretto: aveva un gran mal di schiena...

Poi, ecco... questo invece è il mio nuovo compagno di stanza: Alberto. Siamo diventati subito amici. Suo padre, questo signore distinto qui accanto, è stato molto gentile con me.
La domenica si presentava con un vassoio con i migliori piatti della trattoria fuori l'ospedale. Non scorderò mai la prima volta, quando ci portò dei favolosi tortellini in brodo...

Ah, poi questa: qui sono in sala operatoria. Mi stanno impiantando l'Hickman: un catetere venoso centrale... un tubo che dal petto entra in una grossa vena... Serve per le infusioni prima e dopo il trapianto... era la mia prima volta in sala operatoria...

Qui io e mia moglie stiamo infilando cose e vestiti nei sacchetti sterili prima di entrare all'Unità Trapianti... tutto doveva essere pulito e disinfettato...

Ah... ecco, qui sono immobilizzato a quella specie di trespolo di ferro e plastica nel reparto di radioterapia... il Dott. Bertoni e la Dott.ssa Pratissoli, queste due figure che armeggiano con i pannelli di plexiglass, si assicurano che io non possa fare il minimo movimento durante l'irraggiamento...
Incredibilmente c'era un clima disteso e scherzoso, nonostante l'estrema delicatezza e rischiosità della terapia...

E qui... Sophie, una infermiera dolcissima di origini francesi, mi attacca alla mia nuova asta con tre pompe per infusioni... quel groviglio di tubi e raccordi che mi entravano in corpo all'inizio era inquietante... poi ci feci l'abitudine.
La pompa grigia... ecco, questa... emette un forte ticchiettio meccanico costante che punteggia le giornate, ma soprattutto le nottate, eh eh...

Ah, poi c'è Rossella... l'uragano del reparto. Quando salutava il paziente della stanza accanto rispondevo io, tanto era alto il tono della sua voce... ancora sento il suo grido: "Buongioooorno giovanottoooo!!!"
In questa immagine Rossella mi stava spiegando che tutte le volte che andavo in bagno dovevo: mettere dei guanti monouso di vinile, misurare la quantità di urina prima di scaricare, togliere e gettare i guanti, lavarmi le mani e segnare il valore su un modulo di carta... Con tutti i liquidi che mi infondevano andavo in bagno giorno e notte ogni 40 minuti... un vero strazio...

Ed ecco Matteo... l'infermiere con gli occhi azzurri che mi ha portato il sangue midollare donatomi da mio fratello. Qui sta appendendo la sacca all'asta. Per dare la giusta enfasi a quell'istante così simbolico Matteo disse solennemente: "Spegni la televisione e metti su una musica che ti piace..."
Scelsi l'album Long Road Out Of Eden degli Eagles...

E questo ragazzo così alto è Alessandro, un altro infermiere che non scorderò per la sua grande pazienza e disponibilità... ero martoriato da una mucosite devastante e da un mal di schiena martellante... non sapevo dove sbattere la testa e lui, ogni sera, mi portava un po' di tè caldo e si fermava a chiacchierare con me di musica e altri argomenti leggeri... mi distraeva un po'...

Questa invece è la ragazza delle pulizie... non ho mai saputo il suo nome, ma so che ha un figlio maschio che la fa diventare matta... Passava a pulire e disinfettare due volte al giorno e ogni volta mi chiedeva come stavo e se avevo notizie delle mie figlie. Anche questa ragazza ha avuto un ruolo importante nel mio percorso... a modo suo era anche lei una parentesi di vita normale in mezzo a quel lungo incubo...

Poi Pietro, sempre sorridente e di buon umore... e qui Vincenzo, preciso e puntuale nonché estremamente educato: chiedeva sempre scusa e permesso prima di entrare... e anche prima di uscire!

Ah e poi qui sto richiudendo la porta dopo avere raccolto tutte le mie cose sul carrello.
Stavo lasciando l'Unità Trapianti... c'era silenzio ed ero finalmente libero dall'asta per le infusioni... forse un po' malinconico... Ma non rimpiangerò quel posto...

Questa è una delle mie preferite: finalmente di ritorno a casa, sono sulla porta e le mie adorate figliole mi regalano un lunghissimo abbraccio. Io non trattengo più le lacrime... mi commuovo anche adesso...

In questa sono al day hospital con mio padre per le medicazioni all'Hickman... siamo su quelle sedie di legno da ore... in attesa...

Qui la Dott.ssa Pedrazzi con il suo grande sorriso mi fa un mieloaspirato. Un'altra mano felice, per fortuna...

In questa, invece, c'è la Dott.ssa Cuoghi e i suoi capelli corti e rossi... e lo stetoscopio sempre al collo.

E qui ci sono le impiegate al bancone del day hospital: quello dove mi registro quando arrivo per i controlli.
Ricevono migliaia di pazienti tutti i giorni ma una, questa signora che sorride, quando mi vede mi riconosce e mi chiama per nome...

Poi la Dott.ssa Bresciani... così piccola e così grande.  Un altro distillato di precisione assoluta. Perfetta.

Ah... e questo signore è il Dott. Cintori... Lui ama andare in vacanza in Svizzera. Quando gli ho detto che io ci sono nato ha voluto sapere tutti i dettagli. Con Cintori sto rifacendo da capo tutte le vaccinazioni. Ad ogni appuntamento mi fanno due punture sulle spalle.

E questa è Valeria: la Dott.ssa Coluccio... Qui sorride nel suo camice di dottoressa. Lei è tagliata per questo lavoro, sa bilanciare bene fra professione e rapporti umani. Mi mette sempre a mio agio; le visite periodiche assomigliano a incontri fra vecchi amici...

Mentre questa è Lisa: la Dott.ssa Galli, responsabile per il Servizio Psicologia dell'AIL. Qui siamo nel suo studio e ci scambiamo una stretta di mano. Ci eravamo incontrati precedentemente una volta in reparto... un incontro veloce ma significativo. Poi qui ci siamo conosciuti meglio dopo avere ripreso i contatti. Fu Lisa a suggerirmi di aprire un mio blog personale. Il giorno dopo avevo già creato il blog e postato il primo scritto. Sono felice di avere seguito il suo consiglio!


Queste sono solo alcune fotografie fra le tante che mi porto dentro.
Per ognuna di esse c'è un episodio, un aneddoto... e i bei ricordi superano quelli brutti.

Auguro ai miei "compagni di viaggio" di conservare le loro immagini.
Nella vita che segue la malattia saranno più ricchi.
E sapranno sempre che può esserci un universo in ogni gesto... e che c'è un popolo di persone che dedica la propria esistenza agli altri con un tale slancio di impegno e generosità che non si può che restare ammirati...

sabato 8 settembre 2012

Solo... nel mio corpo immobile - Alone... in my motionless body


Aprii gli occhi... ero ancora lì: la stanza bianca del reparto, il bagno, la sedia, il tavolo... Oggetti che potevo scorgere, ma che non “frequentavo” da diverse settimane inchiodato com’ero al letto...

La mia brutta polmonite era stata finalmente domata con ore quotidiane di C-PAP, una macchina che attraverso una maschera calcata sul viso spinge aria nei polmoni e ti obbliga a soffiare forte per svuotarli...

Girai lo sguardo a sinistra, verso le finestre. I disegni delle mie figlie, attaccati ai vetri, davano un po’ di colore alla stanza e mi spronavano a non mollare.
Più oltre, la giornata invernale. Era febbraio e il cielo era grigio ma era possibile che il tempo migliorasse.

Riportai l’attenzione sulla parete frontale. La telecamera di sorveglianza mi controllava con il suo occhio rotondo e nero e, accanto, il crocifisso di legno...

Sentii uno sbadiglio giungermi alla bocca, ma non riuscii ad aprirla...
Sbadigliai come si fa a teatro per non farsi notare...
Cercai di girare la testa... nessun movimento!

Il cuore prese a galoppare. Cominciai a farmi domande: “E’ questo il coma? Sono paralizzato? Resterò sempre così?”

Provai a muovere una mano. Solo le dita accennavano minuscoli tremori. Non provavo alcun dolore. Ero solo... nel mio corpo immobile!

Più tardi entrò l’infermiera per i controlli: “Ehilà, come andiamo oggi?”
Con uno sforzo enorme riuscii a socchiudere la bocca, ma non uscì una parola. Chiusi gli occhi con rassegnazione e sentii una lacrima solcarmi una guancia.
L’infermiera capì e mi rassicurò dicendo che era tutto normale e che presto sarei stato meglio.

Non riuscivo a credere di essere ancora in quelle condizioni dopo tutto quello che avevo già passato...

Vennero a trovarmi i miei genitori, come tutti gli altri giorni.
Provai a tranquillizzare mia madre dicendole di non preoccuparsi... mi uscì un “...n...”.
La vidi sforzarsi di tenere un contegno mentre la disperazione prendeva il sopravvento.
Mi chiese se volevo restare solo. Lentamente abbassai le palpebre... “Sì”...

Trascorsi così, come un tronco abbattuto, diverse ore di quella folle giornata; tornando più volte con lo sguardo su quel cielo immobile, sui disegni muti, la telecamera... e ancora sul crocifisso.  Pregavo... imploravo che accadesse qualcosa...

...entrò il Professore responsabile del reparto...

Dopo una breve visita, con la sua voce ferma mi disse: “Le cure che sta facendo sono molto pesanti... la malattia è grave. La medicina può fare molto ma non tutto. Il resto ce lo deve mettere lei. Prenda un obiettivo possibile e si sforzi di raggiungerlo. Anche solo... arrivare a sera... e poi a domani...”

Io ero a secco: anche scavando dentro, nel più profondo, non sapevo più dove trovare le forze per reagire.

Quando il professore se ne andò entrò mia moglie. Avvicinò la sedia e si sedette.
Senza dire una parola mi prese una mano, la strinse forte e i suoi occhi, dietro la mascherina, sorrisero.

Sentivo una grande calma spandersi dentro e nuove forze passare dalla sua mano alla mia...

giovedì 6 settembre 2012

Il trapianto di midollo - The bone marrow transplant


Mio fratello e io siamo diversi.

Le nostre date di nascita sono le più distanti: io il 9 giugno, lui il 9 dicembre.
Se l'anno fosse una ruota noi saremmo due raggi contrapposti.

Lui, professionista del compromesso. Io, schiavo del principio.
Io, idealista al limite dell'utopia. Lui, concreto e coi piedi ben saldi a terra.
Più volte ci siamo scontrati, soprattutto da ragazzi.
I nostri punti di vista sono sempre stati molto distanti.

Eppure...

Gli esami hanno parlato chiaro: siamo compatibili al 100%. Abbiamo molto in comune.
E lui, senza esitare, mi ha donato il suo midollo.
Lo ha fatto come fosse un gesto scontato, banale.
Come... allacciarsi le scarpe.

Ha sofferto, mio fratello, dopo l'espianto. Una settimana di dolori alla schiena mitigati dalla morfina.
Ma ai miei messaggi lui rispondeva sempre: "Sto benissimo, fra poco mi dimettono. Tu pensa a guarire!"

Due grosse sacche di sangue midollare: due litri di "Poche storie", di "Non c'è problema" e di "Ti voglio bene".

Una parte di mio fratello ha preso il posto di una parte di me...

Continueremo a scontrarci noi due, ma quel po' di lui che mi porto dentro ora mi spinge a fare sempre uno sforzo in più per andargli incontro...


Mia sorella mi somiglia di più. Le nostre date di nascita distano solo cinque giorni.
È testarda e nervosa, ma ha un cuore grande.

Quando seppe che il suo midollo non era compatibile immaginai che fosse delusa...
Invece era arrabbiata!
Avrebbe tanto voluto essere lei a compiere quell'atto così necessario e allo stesso tempo così simbolico.

...

Passò un anno esatto dal giorno del trapianto e quella sera tutta la mia famiglia si riunì per una cena commemorativa.

Poco prima del brindisi feci con gli occhi un rapido giro del tavolo.
Per ogni sguardo che incrociavo i ricordi si accavallavano: il ricovero, i primi esami, le visite coi calzari e la mascherina, i saluti quando mi trascinavano via spingendo il letto per l'ennesima TAC.
Le centinaia di sms con gli aggiornamenti quotidiani, i piccoli doni per gli infermieri a Natale, i vestiti nei sacchetti sterili all'UTM.
L'arrivo nella stanza della prima grossa sacca di sangue midollare...

E poi: il ritorno a casa, i lunghissimi giorni senza forze sul divano, le frequenti attese infinite per i controlli al day hospital, la rimozione del catetere venoso dal petto e quindi finalmente di nuovo la doccia come si deve...

Poi l'ennesima lenta risalita: i giorni di nausea, i dolori alle gambe, il ritorno al volante dell'auto, le prime ore di lavoro, il sapore ritrovato per il cibo, le scale a due a due...

Un anno dopo il trapianto dovevo tutto ciò che ebbi la forza di fare a coloro che in quell'istante mi guardavano orgogliosi e muti.

Realizzai in quel breve momento di silenzio che ciascuno di essi era stato donatore di qualcosa nei miei confronti. Midollo, certo, ma anche: fiducia, speranza, forza, pazienza, fede, conforto, spirito di sacrificio, tenacia.
Un patrimonio di valori che abbracciando il mio nuovo midollo lo fortificano.

Poi... alzammo i calici... e celebrammo la vita!

mercoledì 5 settembre 2012

Infermieri - Nurses


L'infermiere fa un mestiere difficilissimo.
Occorre grande dedizione e conoscenza.
Deve saper imparare dai propri errori.
E avere spirito di iniziativa.

Ma l'infermiere...

Ti conosce personalmente.
Si ferma un momento a chiacchierare con te.
Ti tiene la mano quando soffri.
Sdrammatizza con una battuta spiritosa.

E poi l'infermiere...

Conforta i tuoi parenti.
Ti pensa mentre torna a casa.
Telefona in reparto se ha un dubbio che ti riguarda.
Parla di te ai suoi figli.

E ancora l'infermiere...

Ti abbraccia quando ti ritrova.
Ti chiama per nome a un anno dalle dimissioni.
Si commuove quando ti vede guarire.
Rivive con te...

Queste persone, questi amici, fanno il loro mestiere anche fuori dal turno.
Si abbandonano ai rapporti umani ben oltre quanto richiesto dal loro contratto di lavoro.
A questi angeli va il mio grazie più profondo, da paziente e da amico.

Nella sfortuna della malattia, incontrarvi è stato un privilegio!



lunedì 3 settembre 2012

La corsa - The race


Via, si parte!

Il passo è misurato, la corsa è lunga.
Cerco un equilibrio fra la cadenza dei passi, il ritmo del respiro e il battito del cuore.
La falcata è regolare, le gambe alternano la spinta.
La strada è larga e liscia, la corsa va...

Con i pugni stretti sembro combattere contro l'aria.
Ora avverto un po' di affanno; reagisco.
L'asfalto cede il posto al sentiero sterrato.
Il contatto col terreno si fa più morbido.

Continuo a forzare, la fatica aumenta.
Cambio il rapporto fra passi, respiro e cuore.
Sento una punta di dolore alla milza.
Stringo i denti e cerco di pensare ad altro.

C'è un altro corridore là davanti.
Allungo il passo e cerco di raggiungerlo.
La nostra distanza diminuisce, sto accelerando o è lui che rallenta?
Lo raggiungo, un altro sforzo e gli sono accanto.

Scambiamo un'occhiata veloce, possiamo essere coetanei.
Il nostro passo coincide, ma io forzo ancora e lo supero.
Ora lui mi segue, gli tiro la volata.
Come due compagni di squadra corriamo ravvicinati.

L'aria mi fa lacrimare gli occhi, la campagna mi appare sfocata.
La bocca è spalancata, mi serve altro ossigeno.
Il mio nuovo amico mi vede in difficoltà, accelera e mi sorpassa: ora tira lui.
Le sue spalle sono magre; anche le mie del resto.

C'è una salita, la fatica aumenta ancora.
Accorciamo il passo, lui adesso non ce la fa.
Passo davanti, ha il fiato rotto temo che stia per fermarsi.
Rallento e mi faccio raggiungere, mantengo il suo passo.

Una goccia! Il cielo diceva pioggia già dal primo mattino...
Le gocce si fanno fitte, i capelli e i vestiti si bagnano.
I piedi ora sbattono su un terreno viscido e fangoso.
Noi continuiamo a correre nonostante tutto.

Poi un ponte e lì, di lato, un tavolo con bicchieri di acqua e limone.
Cambio traiettoria, mi avvicino e ne agguanto uno.
Mi volto e osservo il mio amico fare altrettanto.
Beviamo correndo... ci scappa da ridere.

La strada gira intorno a un albero e prosegue in discesa.
Ora bisogna fare passi cauti o si rischia di scivolare.
E' un buon momento per riprendere fiato.
Il mio amico sembra avere recuperato.

La discesa è lunga e stancante; ho sempre preferito le salite.
La pioggia, intanto, sembra darci tregua.
Le nuvole grigie scorrono veloci, il cielo cambia continuamente.
Allunghiamo di nuovo il passo.

Ora corriamo sul limitare di un grande prato verde e pianeggiante.
Ormai convivo bene con la fatica e vado avanti.
La sofferenza è costante ma controllabile.
Anche il mio amico sembra reggere bene.

Passato un piccolo dosso cambiamo direzione.
Qui c'è un gran vento, bisogna contrastarlo per proseguire.
Istintivamente abbasso la testa per riparare gli occhi.
Le gambe intensificano le spinte ad ogni passo.

Il respiro si rifà affannoso.
E' difficile perfino correre su una linea retta.
Lo scambio di gregario fra me e il mio amico continua.
Chi sta dietro è al riparo dalle raffiche.

Dopo un'ultima curva finalmente torniamo sull'asfalto.
Le strade urbane ci proteggono, il vento è meno teso.
Ci sono persone sui lati che ci salutano.
Una nuova forza raggiunge i nostri muscoli provati.

Il cielo cambia ancora, le nuvole lasciano filtrare un raggio di sole.
Le strade bagnate creano riflessi accecanti.
I nostri passi attraversano le pozzanghere e i marciapiedi.
Ora un grande rettilineo, là in fondo: la folla.

Ci guardiamo felici io e il mio amico.
La sofferenza è finita finalmente.
Acceleriamo ancora e mi prende un blocco allo stomaco.
Trattengo il dolore e spingo ancora.

Stiamo letteralmente volando verso il traguardo.
La gente intorno grida ma io sento solo il cuore battermi nella testa.
Siamo spalla a spalla, l'intenzione è di arrivare insieme.
E al rallentatore tagliamo insieme il nastro di quella corsa così sofferta.

Con le braccia dritte e le mani sulle ginocchia respiriamo affannosamente.
Tutta la fatica dentro sembra voler uscire passando dai polmoni.
Uno sguardo di intesa e un sorriso: ce l'abbiamo fatta.
Mi avvicino e gli dò una pacca sulla spalla, lui fa altrettanto.

- Io Alfonso, tu?
- Alberto
- Ho la leucemia e tu?
- Anch'io
- Farò il trapianto di midollo, mio fratello è compatibile
- Anch'io tre mesi dopo il tuo, anche mio fratello è compatibile
- Beh, Alberto, allora faremo questa corsa insieme, ti va?
- Sì, parti tu. Io ti sto dietro!