martedì 25 dicembre 2012

Notte bianca - White night


Una abbondante distesa di neve immacolata ricopre prati e boschi nella notte fredda. Il manto bianco, come una morbida coperta, avvolge e nasconde la terra e le piante.

Ovunque il silenzio regna sovrano e la luna piena come un faro illumina la scena con la sua luce chiara.

L'aria è immobile, quasi assente, e il cielo nero e profondo brilla di milioni di piccole stelle lontane.

Sul limitare del bosco, ai piedi di un albero robusto, una lepre, con gesti rapidi ma pazienti, fruga fra la neve alla ricerca di un po' di cibo.
Le lunghe orecchie tese, come attente sentinelle, registrano il silenzio della foresta. E gli occhi grandi e veloci guizzano tutto intorno scrutando i dettagli immobili dell'area circostante.

Qualche balzo sulla neve e la scia di impronte leggere si snoda con un nuovo tratto.

Fra i rami secchi di un cespuglio ecco una noce. La lepre si avvicina con circospezione e inizia a rosicchiarne il guscio curando sempre di non fare troppo rumore.

D'un tratto un nuovo aroma pervade le sue narici. La lepre alza il capo e getta lo sguardo sulla piana bianca che la separa da una collina. Alla fine della distesa si scorge l'origine di un sottile fumaiolo chiaro che sale dritto verso il cielo, senza perturbazioni.

Ancora un breve istante di riflessione, poi la lepre decide di attraversare il prato innevato.

Le zampe veloci scattano come molle meccaniche. Piccoli sbuffi bianchi si alzano ad ogni balzo.
Una breve sosta a metà tragitto. Il corpo statico e le orecchie sempre vigili. Ora gli occhi percepiscono un vago bagliore di una luce più calda di quella lunare, bianca, riflessa dalla neve.

La corsa riprende. La base di quel rigo di fumo verticale è vicina.

La scia di impronte che parte dal bosco attraversando la radura antistante, si dirige quindi verso una legnaia coperta dove la lepre si ferma a riprendere fiato studiando quel nuovo ambiente.

Quell'aroma che l'aveva guidata fino a lì è ora molto intenso. Un misto fra legna che brucia e biscotti nel forno.

Una luce gialla proietta una forma di trapezio sulla neve: una finestra illuminata.
Rumori di stoviglie e voci umane, smorzati dai muri, giungono all'esterno della casa: una piccola baita di pietra e legno.

Poco discostata, una fontana gelata, ricavata da un tronco scavato. La parte alta della fontana offre un piccolo spazio orizzontale elevato.

Con esperti balzi misurati, l'animale raggiunge la piattaforma e si immobilizza guardando in direzione della finestra.

Una signora sta apparecchiando una tavola imbandita, mentre un uomo riattizza il fuoco del camino con nuova legna.

In un angolo del tavolo, una piccola bambina dai capelli biondi e ricci sta disegnando su un foglio con una matita colorata.

Poco più in là un grosso albero verde pieno di fiocchi e  addobbi luccicanti.

La lepre prova una intensa sensazione, come di pericolo imminente. Girando di poco le pupille ritorna sulla bambina e nota che ora la sta fissando di rimando.

Per alcuni lunghi secondi i due non distolgono lo sguardo. La prima onda di paura lascia il posto a un reciproco stupore...
Poi la bambina abbassa gli occhi e si muove. Scende dalla sedia e sparisce alla vista della lepre che per qualche istante insiste con lo sguardo sul posto vuoto al tavolo aspettandosi il suo ritorno.

Altri lunghi attimi di attesa poi, con un movimento lento e silenzioso, la porta di casa si apre.
La lepre curiosa scruta la lama di luce che si allarga combattendo con ansia l'istinto di conservazione che la spingerebbe a fuggire via.

La figura della bambina appare, si muove lentamente, si abbassa e appoggia qualcosa sulla soglia.

La lepre è sempre immobile sulla fontana osservando gli eventi con grande interesse. E quando gli occhi si abituano alla luce che filtra dalla porta, l'animale intuisce che quelle sulla soglia sono carote.

La bimba ne raccoglie una e la porge con grazia verso la lepre.
Ancora attimi di circospezione, poi l'animale rompe gli indugi e scende dalla fontana.

La bambina intuisce le sue nuove intenzioni e sorride. Sistema la carota accanto alle altre e indietreggia leggermente.

La lepre si avvicina facendo brevi tratti interrotti da frequenti pause.
Giunta finalmente sulla soglia, agguanta una carota e prende a sgranarla avidamente.

La bambina, inginocchiata e con le braccia incrociate davanti alle ginocchia, spalanca un grande sorriso soddisfatta per il successo conseguito.

La lepre, terminata la prima carota, passa alla seconda...

In casa, intanto, la signora che apparecchiava la tavola, avverte l'aria fresca che soffia verso l'interno, piegando le fiamme delle candele natalizie e creando un forte risucchio nella canna fumaria del camino…

"Maya, cosa fai sulla porta?" chiede ad alta voce senza distogliere lo sguardo dalla tavola.

La lepre si immobilizza per un istante e un attimo dopo corre come un fulmine schivando la fontana, verso la legnaia poi sulla piana bianca e infine scompare nel bosco fra i rami degli alberi appesantiti dalla neve.

La bimba, ancora ferma sulla porta, si alza in piedi. Dopo avere inseguito con gli occhi quella corsa forsennata attende ancora qualche istante aspettandosi qualche evento ulteriore…

Con un tonfo sordo un grosso abete lì vicino si scrolla di dosso un gran carico di neve. Frusciando, una nuvola bianca si alza e circonda quella piccola valanga. Poi, in breve, tutto torna silenzio.

La bambina indugia qualche istante osservando i resti delle carote sulla soglia. Sua mamma la raggiunge e le appoggia una mano sulla spalla… "Cosa c'è Maya?"… e lei: "Niente, mamma, ora chiudo."

È felice, Maya, per quel piccolo gesto. Aveva potuto aiutare un povero essere affamato e spaventato. Non si erano mai incontrati prima e tuttavia la lepre sentiva di potersi fidare. E la sua fiducia era stata premiata.

È mezzanotte della vigilia di Natale.
La famiglia si riunisce e celebra la nascita e i sentimenti di fratellanza e condivisione. Nel cuore di Maya c'è un angolo con alcune carote e una lepre che si avvicina saltellando nella notte bianca…



giovedì 20 dicembre 2012

2012 Auguri... - 2012 Best Wishes...


ai medici: siete eroi in incognito,
agli infermieri: siete angeli sulla terra,
a chi sta lottando: non mollare,
a chi mi è vicino: è un onore esserti amico,
a chi mi volta le spalle: vorrò incontrarti ancora,
a chi non mi capisce: parliamo,
a chi mi ama: insisti più forte,
a chi soffre: continua a sperare,
a chi ho perso: mi manchi terribilmente,
ai miei genitori: sto ancora crescendo,
alle mie figlie: state già crescendo,
a mia moglie: andiamo avanti,
alla morte: non adesso,
al sole: torna presto dentro di me!





giovedì 13 dicembre 2012

Quale destino? - But what destiny?


È destino.
Quante volte l'ho pensato?
Non ho colpa: è il mio destino.
Facile.

La vita ha il suo corso.
Altra giustificazione.
Cosa posso farci: è la vita.
Comodo.

D'accordo: se mi investe un macigno,
per forte che io sia
resto sotto… mi arrabatto
e mi sforzo, potendo, di venirne via.

Quando invece sfuggo a un impegno,
per forte che io dica che sia,
resto fermo e invoco il destino:
"È tutto già scritto, non è colpa mia…"

Sono ipocrita con me stesso?
Sì, se non reagisco.
Un primo smarrimento è concesso,
siamo umani, ma poi…

Sono giusto con me stesso?
Solo se mi riconosco, mi rialzo… e lotto.
Sennò 'sto zitto.
E non c'è destino che giustifichi i miei sbagli!




mercoledì 5 dicembre 2012

Il pagliaccio - The clown


Lo spettacolo finisce,
la gente applaude,
sono al centro della pista,
sono il clown.

Risa e grida,
suoni e rumori,
io a braccia aperte,
ricevo le mie beffe.

Che mondo crudele,
il cuore di un pagliaccio,
non è fatto per soffrire.
Il mio scopo è divertire.

Sprofondo nel mio inchino,
osservo le mie scarpe esagerate,
la vista mi si annacqua,
e lentamente mi rialzo…

Famiglie, bambini, vecchi…
Voci e luci tutto intorno…
Assordanti grida… silenziose;
mimi impazziti, boccheggianti e muti.

Non voglio più stare qui.
Saluto, giro sui miei tacchi
e con passo goffo
mi allontano dall'arena.

Il sipario mi inghiotte,
non devo più sorridere.
Abbandono il personaggio,
ora queste scarpe sono un impaccio.

Allo specchio in camerino
vedo ancora la mia maschera.
Tolgo i guanti e la parrucca,
il naso rosso e tutto il trucco.

Riecco me…
La mia faccia stanca,
i miei occhi.
Una luce nuova…

Siamo noi: io e me.
Noi due non ci tradiamo.
La recita è finita.
Ricomincia la vita.