giovedì 30 maggio 2013

Disturbo narcisistico di personalità - Narcissistic personality disorder


(fonte: Wikipedia)

Il disturbo narcisistico di personalità è un disturbo della personalità il cui sintomo principale è un deficit nella capacità di provare empatia verso altri individui. Questa patologia è caratterizzata da una particolare percezione di sé del soggetto definita "Sé grandioso". Comporta un sentimento esagerato della propria importanza e idealizzazione del proprio sé - ovvero una forma di amore di sé che, dal punto di vista clinico, in realtà è fasulla - e difficoltà di coinvolgimento affettivo. La persona manifesta una forma di egoismo profondo di cui non è di solito consapevole, e le cui conseguenze sono tali da produrre nel soggetto sofferenza, disagio sociale o significative difficoltà relazionali e affettive.

La diagnosi secondo il criterio DSM IV (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) richiede che almeno cinque dei seguenti sintomi siano presenti in modo tale da formare un pattern pervasivo, cioè che rimane tendenzialmente costante in situazioni e relazioni diverse:
  • Senso grandioso del sé ovvero senso esagerato della propria importanza
  • È occupato/a da fantasie di successo illimitato, di potere, effetto sugli altri, bellezza, o di amore ideale
  • Crede di essere "speciale" e unico/a, e di poter essere capito/a solo da persone speciali; o è eccessivamente preoccupato da ricercare vicinanza/essere associato a persone di status (in qualche ambito) molto alto
  • Desidera o richiede un'ammirazione eccessiva rispetto al normale o al suo reale valore
  • Ha un forte sentimento di propri diritti e facoltà, è irrealisticamente convinto che altri individui/situazioni debbano soddisfare le sue aspettative
  • Approfitta degli altri per raggiungere i propri scopi, e non ne prova rimorso
  • È carente di empatia: non si accorge (non riconosce) o non dà importanza a sentimenti altrui, non desidera identificarsi con i loro desideri
  • Prova spesso invidia ed è generalmente convinto che altri provino invidia per lui/lei
  • Modalità affettiva di tipo predatorio (rapporti di forza sbilanciati, con scarso impegno personale, desidera ricevere più di quello che dà, che altri siano affettivamente coinvolti più di quanto lui/lei lo sia)


1 commento:

  1. La patologia mentale è triste da riconoscere in una persona di famiglia, forse più di quella fisica e a maggior ragione se il malato non fa nulla per curarsi, essendo convinto siano gli altri i malati.
    Ma chi subisce gli effetti della patologia mentale del famigliare non è forse la vittima più vilipesa? Intendo quando il consesso sociale non riconosce, perchè non ha interesse a farlo, l'esistenza della patologia, lasciando la vittima in balia delle violenze psicologiche del malato. E se il malato è un genitore che usa violenza psicologica al proprio figlio, sostenendo e sbandierando la propria superiorità intellettuale, morale e di essere umano, che consente e, di più, giustifica qualunque abuso nel nome di un amore mistificato, che non è che possesso e controllo, ricatto psicologico e minaccia? Un genitore che fin dall'infanzia dice al proprio figlio che da solo non riuscirebbe in niente, che non potrebbe mai costruirsi una vita e un futuro se non ci fosse lui, che sarebbe annientato dalla vita.
    Un mostro! No, un malato.
    Beh, forse è il genitore di qualcuno che conoscete e non ve ne rendete conto, vi sembra solo un genitore con una forte personalità e un'alta considerazione di sè stesso, che con un po' di invadenza sta col fiato sul collo di un figlio, magari ormai adulto, che, a dir la verità, si direbbe proprio si adagi in questa situazione in cui c'è chi decide per lui. Comodo peró!
    Beh, forse l'apparenza che, con scarso interesse, scorgete (ma chissenefrega poi?) nasconde un dramma, uno strazio e, peggio ancora, un'ingiustizia profonda e sconfortante.
    Puó succedere, peró, che la vittima che sembrava ormai senza scampo, che il carnefice riteneva di avere in pugno, di controllare come un pupazzo, invece scappi, si liberi dalle catene e scelga la libertà, non si faccia più ricattare nè minacciare e decida di vivere una vita vera, non schermata e controllata. Il carnefice allora, furioso, schiumante di rabbia, non fa un passo indietro, anche perchè è sempre malato, e convinto di essere superiore agli altri esseri umani, e sceglie di calunniare la vittima sfuggita al suo controllo. Sparge maldicenze, falsità, si crogiola nelle calunnie, godendo della propria presunta superiorità intellettuale che lo porta a mietere consensi presso chi fa partecipe dell'affronto di cui è oggetto: un essere insignificante ha osato ribellarsi al suo dominio! Follia! Ma chi lo ascolta, o è costretto a farlo, davvero prova empatia, o forse tace e acconsente per quieto vivere e menefreghismo?
    L'importante è che la vittima si sia liberata, pian piano le ferite guariranno e le calunnie faranno meno male.
    L'importante è che i figli dell'ex vittima non subiranno mai violenza dal proprio genitore.
    Uno schiavo liberto.

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